Fazio degli Uberti, Andrea Morena da Lodi, Maître des Vitae imperatorum

 

Il Dittamondo, 1355-1364, Milano 1447

 

 

 

Fazio degli Uberti

Andrea Morena da Lodi

Maître des Vitae imperatorum

 

 

Il Dittamondo, 1355-1364, Milano 1447

 

 

 

Le immagini delle costellazioni che presento in questa pagina, disegnate da Maître des Vitae imperatorum, illustrano l’edizione commentata ed annotata nel 1447 da Andrea Morena da Lodi dell’opera poetica didascalica “Il Dittamondo” ( dal latino Dicta Mundi, cioè detti del mondo) composta da Fazio degli Uberti tra il 1355 ed il 1364.

Il ciclo illustrato delle costellazioni, presentato in particolare nel libro quinto, non tiene conto soltanto del testo poetico di Fazio degli Uberti, ma completa questo integrandolo con le note di commento a margine redatte nel 1447 da Andrea Morena da Lodi che riprende il modello espositivo proposto nel  Liber introductorius, opera dei primi decenni del tredicesimo secolo scritta dallo scozzese Michael Scot: http://www.atlascoelestis.com/Scot%20base.htm

 

Sulla vita di Fazio degli Uberti, sulla sua produzione e sul commento alla sua opera rinvio alla seguente pagina di BnF, Archives et manuscrits:

https://archivesetmanuscrits.bnf.fr/ark:/12148/cc96102

 

Nella seguente, a cura di BnF, Gallica, viene proposto il Dittamondo del 1447 nella sua completezza:

https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8426808j/f3.planchecontact

 

Nella pagina che indico di seguito, da Google, si può leggere l’edizione ottocentesca del solo testo poetico in una edizione curata da Vincenzo Monti e pubblicata a Milano nel 1826 dall’editore Giovanni Silvestri:

https://books.google.it/books?id=Df0KAAAAQAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

 

 

 

Di Marco Prinari trascrivo invece una parte dell' introduzione al Dittamondo tratta da una sua  edizione  del 2007:

http://www.viaggioadriatico.it/biblioteca_digitale/titoli/scheda_bibliografica.2007-12-08.8009307456

 

Fazio Degli Uberti, bisnipote del celebre Farinata cantato da Dante nell’Inferno, nacque tra il 1305 e il 1309 a Pisa. Fu tenuto a battesimo dal conte Bonifazio della Gherardesca e da questi ne ricevette il nome. Per problemi di fazione politica (la sua famiglia era stata esiliata da Firenze dal lontano 1266) fu sempre esule di città in città. Lo troviamo attivo in Verona nel 1336 alla corte scaligera di Martino II e in missione diplomatica nel 1346 a Genova per conto di Luchino Visconti. Fu a servizio dei Visconti per molti anni ed a lui è attribuita la diffusione della lirica toscana volgare di stampo fiorentino nella Milano del Trecento. Negli anni 1358-59 era Bologna a seguito del governatore Giovanni Visconti di Oleggio. Incerta è la data della sua morte che molto probabilmente avvenne dopo il 1367, anno del suo nuovo trasferimento a Verona.

 

Il Dittamondo è un poema allegorico con intento didattico in terzine dantesche, scritto in diversi intervalli di tempo tra il 1345 ed il 1367 e rimasto incompiuto. Il titolo originale in latino (come quello di quasi tutti i trattati di epoca medievale) è “Dicta mundi”, cioè detti del mondo, ma la forma corrente, attestata già in tempi antichi in molte rubriche di manoscritti, deriva da un adattamento in volgare della formula latina sulla scia di quanto accaduto alla parola mappamondo. Il modello che Fazio degli Uberti seguì nell’impostazione del proprio poema è la Commedia di Dante. Questo fattore è evidente nella preferenza del metro (le terzine dantesche) e nella struttura organizzata in libri e canti (o capitoli). Anche la scelta linguistica è modellata sulla lingua del Dante “comico” con evidenti prestiti stilematici e lessicali. Esemplari di quanto si è detto sopra sono i primissimi versi del Dittamondo dove il poeta sembra quasi voler omaggiare e quindi ricalcare l’incipit della Commedia:

 

Non per trattar gli affanni, ch’io soffersi

nel mio lungo cammin, né le paure,

di rima in rima tesso questi versi;

ma per voler contar le cose oscure

ch’io vidi e ch’io udio, che son sì nove,

ch’a crederle parranno forti e dure.

(F.Degli Uberti, Il Dittamondo, libro I, cap. I, vv. 1-6)

 

In comune con l’illustre predecessore vi sono anche alcune tematiche di carattere generale. Laddove si fa più pressante la polemica politica, Fazio non indugia a rinnovare le ghibelline polemiche anticuriali e pro-imperatore di memoria dantesca che si sviluppano in un importante sistema di visioni premonitrici e profezie. Sembra quasi del tutto assente nel poeta pisano l’aspetto ultraterreno che caratterizza invece il poema dantesco. Ma le analogie con la Commedia non cessano qui: Fazio come Dante compie un viaggio e lo narra in prima persona, entrambi hanno come guida un auctoritas del mondo classico. Dove ad accompagnare Dante c’è Virgilio, nel Dittamondo, a soccorrere Fazio, c’è Caio Giulio Solino, autore del III sec. d.C., molto studiato nel Medioevo, ricordato per i Collectanea rerum memorabilium (raccolta di cose memorabili) meglio conosciuti a quei tempi con il titolo di Polyhistor (il curioso, l’erudito) .

Opera ricercata ed erudita è per l'appunto il Dittamondo che risente della ripresa degli studi di geografia in periodo tardogotico.

Fazio, con il viaggio che compie attraverso la Terra, intende fornire il maggior numero di notizie, sia nel campo della “fisica” dei luoghi che in quello dell’“antropologia” dei popoli che abitavano il pianeta. Gianfranco Contini rimproverava una mancanza di realismo o quantomeno di verosimiglianza nelle descrizioni dei luoghi espresse in versi dal poeta pisano, accusato di essere “libresco” nell’impossibile paragone con l’Alighieri: «mentre in Dante l’icasticità dell’esperienza comunica un “carattere di cose viste” perfino a spettacoli presumibilmente noti solo per sentito dire, l’Uberti è libresco anche dove potrebbe far tesoro della sua vita di coatto viaggiatore» (1) .

Il poema racconta il viaggio in prima persona che il poeta intraprende a seguito di un sogno in cui gli era apparsa la personificazione della Virtù. Purificatosi al risveglio da ogni peccato, e rinunciando alle tentazioni dell’Ignavia, Fazio incontra prima Tolomeo e poi Solino che lo accompagnerà per un lungo viaggio attraverso i tre continenti del mondo allora conosciuto. Nel fluire dell’opera apparirà, secondo un topos medievale, la personificazione di Roma che racconterà la sua storia, come pure vi sarà più avanti l’epifania di un viandante in Palestina, che rievocherà gli episodi salienti della storia sacra ma, giunto ai fatti narrati nei libri profetici, il poema si interrompe.

Per la ricchezza di riferimenti eruditi, di notizie storiche, mitologiche, per le notizie di botanica, zoologia e geografia, il Dittamondo diventò subito un testo colto meritandosi diverse chiose tra cui quella in volgare di Guglielmo Capello di Auletta (maestro di Borso d’Este) scritta tra il 1435 e il 1437.

(1): G.CONTINI, La letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni, 1991.

 

 

 

 

Le pagine miniate con Décoration italienne, de la main du Maître des Vitae imperatorum

 

f. 1 richement enluminé : miniature, initiale peinte sur fond d’or, archange visitant l'auteur, décors de fleurs et d’oiseaux dans les marges:

 

 

 

 

 

Dessins aquarellés avec gloses explicatives dans les marges :

 

f. 3 (l'auteur rencontrant saint Paul, premier ermite)

 

 

 

f. 5 (le poète rencontrant "la paura")

  

 

f. 7 : rencontre de l’auteur avec Ptolémée

 

 

 

f. 9 : schéma du zodiaque

 

 

f. 10 : mappemonde zonale

 

  

f. 11 : rencontre avec Solin

 

 

f. 12 : mappemonde ptoléméenne

 

 

 

f. 18 : vue de Rome

 

 

 

f. 19 : les collines de Rome

  

 

 

f. 127v ; f. 161 : deux voyageurs rencontrant un pélerin provençal

 

 

 

 

La quinta cantica

f. 171 : Pline dessinant une mappemonde

 

 

 

 

f. 171v: Spera materialis, L'ordine di pianeti

 

 

 

 

f. 172-179 : Constellations

inspirées du cycle des constellations du Liber introductorius de Michel Scot

 

 

Le immagini delle costellazioni illustrano il testo della cantica nel momento in cui vengono citate direttamente da Fazio degli Uberti o sono comunque descritte da Andrea Morena da Lodi nelle sue postille; soltanto per la costellazione della Corona non ho rilevato riferimenti scritti pertanto non è possibile precisare se si tratti di quella australe o di quella boreale.

La descrizione tipica della costellazione consiste nel ricordarne alcuni riferimenti mitologici, nel precisarne le influenze astrologiche relativamente alle altre, gli aspetti caratteriali delle ascendenze e nell'enumerarne le stelle che le compongono, per alcune abbiamo anche la descrizione della posizione occupata nel cielo, termine che il commentatore sostituisce sempre con la parola Zodiaco .

 

Toro, Plejadi e Gemini dall'edizione di Vincenzo Monti

pubblicata a Milano nel 1826 (Pag. 368)

 

Seguendo il modello sopra descritto Fazio degli Uberti descrive le costellazioni zodiacali e alcune altre, tra le quali le Pleiadi, le Orse, il Cane Maggiore, il Cigno, il Delfino, la Nave Argo, Pegaso, Fetonte, dichiara che le costellazioni in cielo sono 48 "diciocto figure con trenta" e ne nomina  alcune altre associandole ai vari miti. Tutte le costellazioni mancanti e nuovamente quelle presentate da Fazio sono poi enucleate nelle postille a margine redatte da Andrea Morena da Lodi che prende come riferimento, inserendo anche le miniature di Pliades, Pheton, Vultur Volans, Vultur Cadens, Pulsator, Astronothus, Demon Meridianus, Equus2 °, Vessillum e Tribellum (Tarabellum), il Liber introductorius, opera dei primi decenni del tredicesimo secolo scritta dallo scozzese Michael Scot, che nei due secoli successivi era stata più volte riproposta da autori diversi: http://www.atlascoelestis.com/Scot%20base.htm .

 

Le costellazioni in cielo sono 48 "diciocto figure con trenta", folio 175v

 

 

 

Aries, Thaurus, Pliades, Gemini 



 

 

 

Cancer, Leo, Virgo

 

 

 

 

 

 Libra

 

 

 

Scorpio, Sagitarius

 

 

 

 

Capricornus, Aquarius, Piscis

 

 

 

 

 

Orion, Ursa minor-Ursa maior e (Draco), Canis Maior, Cignus, Delphinus

 

 

 

 

 

 

Navis argos, Pegasus, Pheton (Eridano), Cetus, Corona

 

 

 

 

 

 

 

Drago audas, Hercules, Serpentarius

 

 

 

 

 

Boetes, Cepheus, Agitator (Auriga)

 

 

 

 

 

Cassepia, Andromacha

 

 

 

 

Perseus, Triangulus

 

 

 

 

Lira, Vultur Volans (Aquila), Vultur Cadens (Sagitta)

 

 

 

 

Pulsator (Apollo?*), Astronothus (Austronotus**), Demon meridianus (Via Lactea)

 

*Pulsator (Apollo = Pulsator Citharae)

 

 

(**)Non identificabile e descritta in modi diversi in altri testi del periodo:

https://iconographic.warburg.sas.ac.uk/vpc/VPC_search/subcats.php?cat_1=9&cat_2=71&cat_3=32&cat_4=1432&cat_5=1137

 

 

 

 

 

 

 Putheus (Ara), Piscis magnus (Piscis Austrinus), Lepus, Anticanis (Canis Minor)

 

 

 

 

 

 

 

Centhaur, Equus 2°, Vdria (Idra)

 

 

 

 

 

 

Tribellum, Vexillum

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.atlascoelestis.com

di  FELICE STOPPA

DICEMBRE 2018