Ferdinando Meucci |
Il Globo Celeste Arabico del secolo XI, Firenze 1878 |
Ferdinando Meucci
Il Globo Celeste Arabico del secolo XI, Firenze 1878
La
tavola che presento fu allegata dall’autore
alla pubblicazione che realizzò nel 1878 per il Regio Istituto di
Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze che aveva
per oggetto la descrizione e l’interpretazione di un globo celeste in
ottone che il Meucci stesso aveva da poco acquistato per il Gabinetto
degli stumenti antichi di astronomia, di fisica e di matematica. Il
quaderno , edito e stampato
dalla Tipografia dei Successori Le Monnier, consiste in una breve ma densa
relazione di 13 pagine seguite da tre doppie pagine che raccolgono in un
catalogo le costellazioni e le stelle incise sul globo. Il catalogo
comprende anche una colonna con i nomi arabici delle costellazioni,
seguita da quelle della loro trascrizione fonetica e della relativa
traduzione in italiano e dalla sezione relativa alle stelle che ne elenca
il numero e la posizione per longitudine e latitudine, confrontando i
relativi dati riportati sul globo
con quelli del catalogo di Tolomeo. Il
quaderno è completato da due tavole: la nostra, di formato 91x45 cm più
volte ripiegata, e quella che rappresenta il circolo polare antartico
del
globo che riporta una iscrizione arabica in caratteri cufici. Meucci
occupa parte della sua introduzione per disegnare una storia della
cartografia celeste dalle origini ai suoi tempi e ricorda le seguenti
definizioni utili a comprendere il catalogo delle costellazioni che nelle
pagine successive ci offrirà: “Certe
stelle erano chiamate dagli antichi informi
(esterne). Poiché si trovavano all’intorno delle figure che
rappresentavano costellazioni. Mentre quelle in esse racchiuse si dicevano
infigurate (interne)”. Determina
quindi l’anno per il quale sono state calcolate le posizioni delle
stelle utilizzando il metodo della differenza in longitudine a causa del
fenomeno della precessione degli equinozi: “
Fu grande frattanto la mia
sorpresa, quando, per i gradi di Longitudine delle stelle, potei
riconoscere che esso doveva essere stato costruito sul declinare
dell’undicesimo secolo di Cristo. Eravi infatti ben distinta la
posizione della fulgida stella Regolo (cuor di Leone) ai 16 gradi 40 primi
del segno del Leone, che è quanto dire avanzata di 14 gradi e 10 minuti
primi dalla posizione di essa di 2 gradi e 30 primi osservata da
Tolomeo, come sembra, 140 anni dopo Cristo; di modo che, calcolando
ragionevolmente secondo Albategno il tempo di 66 anni che dovevano
impiegare le stelle fisse nell’avanzarsi di un grado, resultò che
questo globo fosse stato costruito nel 1075, o pochi anni dopo…”. La
datazione viene confermata dalla
traduzione dell’iscrizione arabica in caratteri cufici che troviamo
incisa intorno al circolo polare antartico che rivela, inoltre, anche il
luogo di produzione, gli autori ed il committente del globo: “Fabbricò
questo globo fornito di piedistallo, per l’investito di duplice visirato
Qayid supremo, Abù Isà Ibn Labbun, il suo servo Ibrahim Ibn Said as
Shali il pesatore in Valenza, con Muhammad suo figlio, e pose le stelle
fisse in quello, giusta loro grandezza e diametri. Or fu compiuto nel
principio di Safar dell’anno 473 dell’Egira (del Profeta), benedica
Dio a lui e gli conceda pace perfetta”. Il principio di Safar
dell’anno 473 dell’Egira corrisponde con la fine del mese di luglio
del 1080 della nostra era. L’iscrizione fu tradotta, così come tutte le
altre presenti sul globo, dal professore F. Lasinio, orientalista presso
l’Istituto di Studi Superiori, Sezione di Filosofia e Filologia, di
Firenze. Il Globo Celeste Arabico è pertanto la più antica rappresentazione conosciuta del cielo tolemaico.
La data di produzione del globo ricade quindi tra il 1075 e il 1080. Date interessanti perché particolarmente vicine al 1054, anno che vide l’enorme esplosione di una supernova, quella che ha generato la famosa Nebulosa del Granchio, visibile attualmente al telescopio presso il corno meridionale del Toro. Si calcola che l’esplosione generò una nuova stella che dovette rimanere visibile anche di giorno per diverse settimane. Oltre per la sua luminosità questa supernova è famosa nella storia della scienza anche per il fatto che non risulta presente in nessuna delle cronache del tempo, assenza che i filosofi della scienza rimarcano per dimostrare la loro tesi che i paradigmi scientifici e filosofici vigenti in una data epoca escludono spesso dalle loro considerazioni quei fenomeni che non possono essere spiegati dalle loro teorie: Il sistema del mondo aristotelico-cristiano, vigente per tutto il medioevo relegava l’apparire e il manifestarsi di fenomeni fisici all’interno della sfera sublunare escludendoli quindi dalle sfere cristalline e immutabili occupate dai pianeti e dalle stelle fisse. Quindi escludeva a priori che si potesse manifestare l’apparizione temporanea di stelle oltre la sfera occupata dalla Luna e pertanto la supernova del 1054, anche se vista, fu subito dimenticata. Il globo del Meucci può prestarsi pertanto come caso per verificare la validità di questa teoria filosofica. Ho pertanto isolato la zona di cielo intorno al corno meridionale del Toro cercando di identificare tutte le stelle presenti nel globo abbinandole a quelle numerate da Tolomeo nel suo catalogo. Lo scopo di tale lavoro era quello di isolare un’eventuale presenza di una stella spuria e vicina alla posizione attualmente occupata dalla Nebulosa del Granchio. L’operazione è in pratica molto complessa perché in questa zona del globo sono riportate un numero inferiore di stelle rispetto a quelle riportate nel catalogo di Tolomeo e l’abbinamento non è meccanico. Alla fine del mio esame soltanto una stellina del globo sembrava non compatibile con il catalogo di Tolomeo e abbastanza vicina alla posizione della Nebulosa del Granchio. Ho pertanto interessato del caso il Prof. F. Richard Stephenson, storico dell’astronomia, esperto negli studi storici sulla Nebulosa del Granchio e docente presso l’University of Durham del Regno Unito. Stephenson partendo da una carta attuale della zona di cielo interessata ha calcolato per ogni stella presente di magnitudine inferiore alla 5,5 lo spostamento causato dalla precessione degli equinozi ed è riuscito alla fine a dimostrare che ogni stella del globo che appare nella testa del Toro era già conosciuta da Tolomeo, escludendo così che la stellina da me isolata potesse essere la supernova del Granchio. La mia ricerca pur portando ad un esito negativo è servita comunque per confermare che anche per Ibrahim Ibn Said as Sahli il pesatore in Valenza, il costruttore del globo, non valse la pena di ricordare un fenomeno astronomico che la visione del mondo imperante, quella aristotelica, valida anche per gli arabi, riteneva impossibile. Non sarà così invece per un’altra Stella Nova, quella scoperta da Tyco Brahe nel 1572 nella costellazione di Cassiopea e per la quale l’astronomo, non osservando moti propri e movimento di parallasse, ipotizzò una distanza simile a quella delle stelle fisse. L’apparizione di questa stella produsse tanto clamore da venire riprodotta per molti decenni in quasi tutte le carte stellari, anche quando ormai era scomparsa da tempo, come dimostra la tavola fatta disegnare da Bayer per la sua Uranometria del 1603. Ma in questo caso siamo in un’altra epoca storica, tra Copernico e Galileo, e l’impalcatura del sistema aristotelico, caro anche alla Chiesa Cattolica, incalzato da nuove scoperte dimostrava già delle profonde incrinature. Il
globo del Museo Galileo di Firenze è il più antico ma non l’unico
strumento di origine araba che rappresenti il cielo tolemaico. Nel non
lontano 1958 una situazione analoga a quella di Meucci si è riproposta a
Parigi, dove, in una vendita all’asta, fece la sua apparizione un altro
piccolo globo di rame, di Secondo Destombes le posizioni delle stelle dei due globi di Ibrahim Ibn Said as Sahli sarebbero state tratte dalle Tavole di Toledo, calcolate per il 1067 dall’astronomo arabo Arzachel (Abu Isaac Ibrahim ibn Yaya an-Naqqach). Almeno un’altra decina di globi arabi in metallo, ma questi tutti di produzione orientale, separano i manufatti a tre dimensioni dalle prime interpretazioni su carta del cielo sferico tolemaico: I manoscritti di Vienna del 1440 circa.
Vi
sono rappresentate 47
costellazioni, manca quella del Crater, e,
curiosamente, la zona che contiene le sei stelle informi dell’Aquila,
cioè quella che coincide con la costellazione non tolemaica di Antinoo,
è evidenziata da una linea incisa a forma di cuore. I
personaggi rappresentati nelle costellazioni sono disegnati di
fronte, come si faceva solitamente nelle carte piane che rappresentano il
cielo visto dalla Terra, ma , poichè la superficie del globo utilizzata
è quella convessa, abbiamo che le stelle vanno a disporsi sulle parti
anatomiche dei personaggi simmetricamente al modo in cui sono
rappresentate tradizionalmente nelle costellazioni. Non è un fastidio di
poco conto perché spesso il significato dei nomi delle stelle ha a che
fare con la loro collocazione anatomica. La
carta piana disegnata da Meucci riporta fedelmente i dati contenuti nel
globo rappresentandolo suddiviso in dodici fusi di La
costellazione della Lira è disegnata, secondo l’usanza araba, come una
tartaruga e denominata
Ferdinando
Meucci (1823-1893), impiegato presso il Museo di Fisica e Storia Naturale
di Firenze ne divenne direttore nel 1844. Realizzò il primo catalogo
degli strumenti antichi posseduti dal museo e ampliò la collezione
occupandosi dell’acquisto, del restauro e dello studio di molti
strumenti, in particolare astronomici, ancora oggi conservati presso
l’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze.
Leggi da: Matteo Fiorini, Sfere terrestri e celesti, Società Geografica Italiana, Roma 1899: https://archive.org/stream/sfereterrestrie00fiorgoog#page/n11/mode/2up
|
Iscrizione Polo Antartico Tavola II
La costellazione della Lira è La Testuggine.
Punto di incrocio tra l'equatore e l'eclittica
La costellazione del Cancro dove è indicato con un simbolo particolare la nebulosa del Presepe
La supernova del Granchio apparsa nel 1054 sopra il corno meridionale del Toro
La costellazione del Toro
La costellazione del Toro ribaltata per renderla compatibile con la visione nel cielo reale. Le stella con il punto di domanda è la più vicina alla nebulosa del Granchio
La Stella Nova scoperta da Tyco Brahe nel 1572 riportata da Bayer nell'Uranometria del 1603.
Bibliografia Ferdinando Meucci, Il Globo Celeste Arabico del secolo XI, Firenze 1878 L'articolo da pag. 112 a pag. 118, realizzato con l'apporto di Paul Kunitzsch, in Elly Dekker, Catalogue of Orbs, Spheres and Globes, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, Giunti 2004. M.
Destombes, Un
Globe Céleste arabe du XII siècle, Comptes-rendu des séances de l'Académie des inscriptions et
belles-lettres, volume 102, M.
Destombes, Globes
Céleste et
catalogues d’etoiles orientaux
du Moyen Age, Acte du VIII Congrés International d’Histoire des
Sciences, Zofia
Ameisenowa, The
Globe of Martin Bylica of Olkusz and celestial maps in the east and in the
west, Zaklad Narodowy Imienia Ossolinskich Wydawnictwo Polskiej
Akademii Nauk, Wroclaw-Cracow 1959, opera molto rara, tiratura di sole 500
copie. Adèle
Lorraine Wörz, The
Visualisation of Perspective Systems and Iconology in Durer’s
Cartographic Works, Rudolf
Simek, Kathrin Chlench, Johannes von Gmunden, Studia Medievalia Septentrionalia,
Fassbaender, Wien, 2006 Esemplare della BNF
https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550087272
Sulla scoperta di un altro esemplare di globo simile a quello presentato in questa pagina leggi l'articolo di Marcel Destombes Un globe celeste arabe du XII siècle apparso nel 1958 in Comptes-rendu des séances de l'Académie des inscriptions et belles-lettres per cortesia di Persée Revues Scientifiques
APPROFONDIMENTO
di FELICE STOPPA
|