Al Direttore della
Biblioteca Nazionale Braidense
di Milano
Signor Direttore,
lunedì 23 Maggio, in mattinata, ho consultato presso la sede della sua biblioteca le due copie del De revolutionibus di Copernico che vi sono depositate. Entrambe sono stampate a Basilea nel 1566 e sono pertanto due seconde edizioni dell’opera dell’astronomo polacco.
Consultando gli indici manoscritti del fondo delle opere antiche ho notato che la biblioteca era stata in possesso anche di una copia della prima edizione del 1543, segnatura CXV9316 che, come è riportato da una nota a mano sempre nell’indice manoscritto, risulta mancante perché scomparsa.
Ho il piacere di comunicarle che questa copia è stata rintracciata ed è ora in possesso della Biblioteca dell’Università di Princeton.
Potrà leggere la storia
di questa copia a pagg. 336, 337 del libro di Owen Gingerich “Alla
ricerca del libro perduto” Rizzoli
Se, come penso, questa copia è scomparsa dalla Braidense per un furto credo ci siano tutti gli elementi perché Lei possa chiederne la restituzione.
E questo sarebbe auspicabile non solo perché a Milano non esistono altre copie della prima edizione del De revolutionibus e nemmeno per il loro valore astronomico, nelle aste londinesi di questi ultimi anni altre prime edizioni sono state vendute per importi vicino al milione di dollari, ma principalmente per ristabilire un principio di diritto, proprio ora che, in tutto il mondo, chi legge il libro di Gingerich, viene a conoscenza del torto che la nostra biblioteca milanese ha subito.
Spero in un suo riscontro e le porgo i più cordiali saluti
Felice Stoppa
Milano, 24 Maggio 2005
Una catena di fortunate coincidenze mi ha portato, nel giro di pochi giorni, a scoprire e risolvere il mistero di S.15.11, vecchia segnatura identificativa della copia della prima edizione del 1543 del De Revolutionibus di Copernico di proprietà della Biblioteca Braidense di Milano, segnatura riclassificata successivamente con il codice C XV 9316.
A dire il vero questa prima edizione è appartenente alla Braidense di diritto ma non di fatto, perché, come dovevo scoprire quando consultai il catalogo manoscritto relativo al fondo dei libri più antichi di proprietà della biblioteca, una nota a margine della segnalazione del titolo dell’opera indicava che la copia è “Mancante da tempo-sostituita” da un’altra in facsimile.
La catena di coincidenze
è presto raccontata. Intendevo pubblicare sul mio sito Atlas
Coelestis, l’Astronomicum Caesareum
di Petrus Apianus, Ingolstadt 1540 del quale
Dopo averlo contattato
ricevetti da Gingerich le fotocopie di un suo scritto dove, tra l’altro,
veniva riportato un elenco di circa 130 biblioteche, sparse in tutti i
continenti, che sono attualmente
in possesso di una copia dell’Astronomicum.
L’elenco ha del prodigioso se
pensiamo che l’opera di Apianus si ritiene sia stata stampata in pochissime
copie, ma quando seppi che Gingerich aveva pubblicato in un altro suo libro, il Census
(An
annotated census of Copernicus' "De revolutionibus" (Nuremberg, 1543
and Basel, 1566) /
by Owen Gingerich. - Leiden [u.a.] : Brill, 2002. - XXX, 402 S. : Ill. ;
Quindi, mentre di giorno fotografavo l’Astronomicum alla Braidense, di sera leggevo Gingerich e venivo a sapere dell’esistenza di due copie del De revolutionibus del 1566 (seconda edizione stampata a Basilea) appartenenti alla biblioteca milanese, il giorno dopo le consultavo e constatavo nel contempo l’esistenza di una terza copia del 1543 ( Prima edizione stampata a Norimberga) che era però scomparsa. Verificavo che nessun funzionario della biblioteca sapeva dove fosse finita e finalmente, la sera stessa , a pagg. 336-337 del suo libro, Gingerich mi rivelava, con mia grande sorpresa, il nuovo indirizzo della copia mancante.
Ma perché Gingerich si è dedicato per oltre trent’anni a questa apparentemente maniacale ricerca?
Quale progetto doveva essere così importante da portare il ricercatore in centinaia di biblioteche sparse nelle capitali, ma anche in piccoli centri, di buona parte degli stati di tutto il mondo per esaminare tutte le copie di uno stesso libro?
La ricerca di Gingerich, come rivela lui stesso, non era iniziata come un progetto ma lo era diventata man mano che consultava nuove copie, mentre realizzava cioè la scoperta che ogni copia dell’opera di Copernico era diversa da un’altra, non tanto per il contenuto, che chiaramente è sempre lo stesso, ma per le diverse note a margine (scolia) che quasi tutte le copie riportavano.
Note manoscritte dei possessori e lettori delle singole copie del De revolutionibus che, per la maggior parte dei casi, erano stati importanti astronomi, matematici, filosofi, artisti, pensatori, uomini politici e regnanti del sedicesimo e del diciassettesimo secolo. Buona parte di questi lettori avevano lasciato sul margine delle pagine della loro copia , riflessioni, commenti, calcoli e schemi, resoconti di osservazioni, idee, grafici, teorie, appunti di lezioni universitarie, un’immensa antologia di scolia il cui studio avrebbe permesso a Gingerich di ricostruire rapporti tra scienziati, scontri e diffusioni di idee, competitive concorrenze tra osservatori astronomici quali quello di Tycho Brahe a Uraniborg e quello del langravio Guglielmo di Assia a Kassel, ma anche di cogliere lo svolgersi di importanti ricerche o l’evoluzione di teorie e ancora di scoprire che importanti scoperte, come quella del calcolo dei logaritmi, attribuita al matematico edimburghese John Napier o importanti ipotesi cosmologiche, come quella di Tycho Brahe, erano state fortemente influenzate da un matematico oggi poco conosciuto. Gingerich dedica a questo scienziato un intero capitolo intitolato “Il caso Wittich”.
Paul Wittich (Il lettore può leggere la sua biografia scientifica , così come quella di tutti i personaggi citati in questo articolo nel sito The Galileo Project , http://galileo.rice.edu/index.html), matematico tedesco contemporaneo di Tycho Brahe non ci ha lasciato opere importanti ma Gingerich è riuscito a valorizzare il suo contributo alla matematica e all’astronomia ricostruendolo, con un lavoro durato anni, attraverso l’esame degli scolia di quattro copie del De revolutionibus che gli erano appartenute e che in un primo momento gli storici della scienza, tra cui lo stesso Gingerich, avevano ritenuto appartenessero a Tycho Brahe.
In
una di queste copie Wittich riporta
uno schema che descrive un metodo per sostituire moltiplicazioni e divisioni con
addizioni e sottrazioni, metodo che anticipa le
basi del calcolo logaritmico. Lo stesso schema viene ritrovato in una copia
appartenuta al matematico di Edimburgo John Craig che lo aveva ricopiato da
quella del matematico tedesco quando, nel
Storia analoga per descrivere il rapporto con Brahe: Wittich fu suo ospite per sei settimane presso l’osservatorio dell’isola di Hiven nel 1580 e in questa occasione l’astronomo danese ebbe a disposizioni due delle copie del De revolutionis che il matematico aveva portato con sé, copie cariche di appunti autografi. Nelle note a margine di una di queste l’astronomo danese potè esaminare esempi del calcolo di prostaferesi che il matematico tedesco aveva ideato per convertire facilmente le misurazioni dell’altezza e dell’azimut dei corpi celesti nel sistema di coordinate latitudinali e longitudinali. Metodo che Tycho fece proficuamente suo.
In un’altra delle copie
annotate con la calligrafia di Wittich, esaminata da Gingerich nella Biblioteca
del Vaticano, vi è un diagramma manoscritto che illustra il sistema planetario
“ ordinato sulla base dell’immobilità della terra a partire dalle
ipotesi di Copernico”. Il diagramma, centrato sulla Terra immobile, vede
Le settimane che Wittich
passò a Uraniburg, sede dell’osservatorio del danese, furono molto produttive
per Tycho tanto che questi pensò di
“ricompensare” il suo ospite regalandogli addirittura una copia dell’Astronomicum Caesareum di Pietro Apiano, copia ancora
esistente e che porta sul
frontespizio la dedica manoscritta in latino di Tycho “ A
Paul Wittich di Breslavia, amico e compagno nell’amore per
Alla morte di Wittich, Tycho riuscì a rintracciare e comperare parte dei libri appartenuti al tedesco e, tra questi, anche tre delle copie del De revolutionibus, due delle quali sono quelle che abbiamo brevemente ricordato, riunendo nel suo osservatorio buona parte della documentazione che avrebbe potuto dimostrare il contributo di Wittich alle sue scoperte. E’ inutile dire che anche questa operazione è dettagliatamente ricostruita da Gingerich nel suo libro.
Copernico si decise a
dare alle stampe la sua opera quasi al termine della sua vita, ricevette infatti
gli ultimi fogli stampati del De
revolutionibus sul letto di morte. Prima della pubblicazione di questo
lavoro il matematico polacco aveva diffuso solo alcune copie, manoscritte
di suo pugno ma poi ricopiate anche da altri studiosi, del Commentariolus ( Che Gingerich fa risalire a prima del 1514) dove,
in nuce, presentava i primi stadi della sua ricerca dalla quale era possibile
concludere che
Copernico si lasciò
convincere a superare i suoi dubbi e a pubblicare il De revolutionibus da Rheticus, un giovane matematico tedesco che nel
1539 aveva lasciato le università asburgiche di Wittenberg e di Norimberga per
raggiungerlo sul mar Baltico a Frauenburg, città della Prussia Reale, allora
appartenente alla Polonia, nella cattedrale della quale svolgeva la funzione di
canonico. Georg Joachim Rheticus rimase da Copernico,
come suo discepolo, alcuni anni ma già nel 1540 aveva avuto il permesso di
pubblicare
Sia Copernico che Rheticus non poterono vedere le bozze dell’opera e soltanto a libro stampato si accorsero che era stata aggiunta una breve prefazione Ad lectorem di poche pagine, non firmata, e quindi ascrivibile all’autore, nella quale si annunciava che la nuova teoria veniva presentata non come una nuova visione cosmologica ma come ipotesi matematica sufficiente a render conto delle difficoltà poste dalle apparenze dei fenomeni, perché “ i filosofi si potranno anche dedicare alla ricerca della verità, ma gli astronomi, dal canto loro, si limiteranno a scegliere l’ipotesi più semplice, e non potranno mai giungere a conoscere qualcosa di certo a meno che non venga loro rivelato da Dio”. La prefazione fu scritta per sua iniziativa da Andreas Osiander, sacerdote di Norimberga, che si era occupato della rilettura delle ultime bozze prima della stampa. Gingerich ricostruisce, con l’efficace metodo dell’esame delle note a margine, la prova di questa paternità, presentandoci una copia appartenuta a Maestlin, maestro di Keplero, che scrive in testa alla prefazione: “NB: So per certo che l’autore di questa lettera è Andreas Osiander”.
Dalla seconda edizione del 1566 dell’opera di Copernico, quella pubblicata a Basilea, Rheticus non riuscì a far eliminare le pagine di Osiander, ma potè inserire alla fine la sua Narratio con la quale spostava nuovamente il baricentro del libro in direzione di una sua interpretazione cosmologica.
Fu nel 1609, con la pubblicazione de l’ Astronomia Nova di Keplero, che, nella prefazione, fu rivelato per la prima volta che Ad lectorem era stata scritta da Osiander. Keplero oltre a questa denuncia ripropone la lettura del De revolutionibus come opera cosmologica e non come ipotesi matematica e sostiene che in tale funzione era stata progettata da Copernico.
La
posizione di Keplero, ma anche la tempesta che nel frattempo si
stava scatenando in Italia ad opera di Galileo, indusse nel 1616
l’Inquisizione e
Nella
sua lunga peregrinazione tra le biblioteche del mondo Gingerich ha potuto
trovare le più diverse interpretazioni di questo decreto. La copia depositata
presso
Delle due copie della seconda edizione della Braidense, quella che porta la segnatura 26 22 K 7 e, che per motivi impossibili da capire, non è riportata nel catalogo manoscritto dei libri antichi, ma soltanto in quello per autori, è completamente intonsa e libera da interventi di censura, quella invece segnata C XV 9317 è stata emendata seguendo il criterio debole e gli interventi sono stati realizzati con copertura tramite fogli bianchi, incollati, delle parti da cancellare o con cancellature con tratti di penna e, in un solo caso, con il tentativo, poco riuscito, di sgarzare con una lama il brano incriminato. A penna sono state riportate, sempre da una stessa persona, le parti da aggiungere.
In ultima istanza il lavoro di Gingerich evidenzia e testimonia il diffondersi della rivoluzione copernicana nell’Europa secentesca e settecentesca, l’influenza di quest’opera sul pensiero scientifico, filosofico e religioso ma anche come reagirono scienziati e filosofi alla quasi contemporanea Riforma Luterana e alla susseguente Controriforma Cattolica.
Nella schedatura di oltre seicento tra prime e seconde edizioni del De revolutionibus lo storico e astronomo americano si è anche dilungato sugli aspetti fisici ed estrinseci al testo delle varie copie, misure, materiali e tipi di legature, stato della carta, danni subiti, stato dell’uso, segnature, timbri, dichiarazioni di proprietà, in alcuni casi segnala l’intervento di tarli e parassiti. Ognuna di queste copie è come se avesse la propria carta di identità. Tale lavoro è servito in molti casi per sventare tentativi di vendite di copie rubate e per riportare la copia nelle mani del suo legittimo proprietario.
È servito anche per risalire al nuovo indirizzo della copia scomparsa dalla Braidense: in questo caso a Gingerich è stato sufficiente prendere nota delle segnature (quella vecchia e quella nuova) dal catalogo manoscritto dei libri antichi e quindi cercare nel suo archivio finchè non ha trovato una copia che riportava, nelle prime pagine, alcune iniziali illeggibili, la data scritta a mano del 12 marzo 1710 e la vecchia segnatura S.15.11. Proprio quella della nostra copia.
Il prezioso libro è ora in possesso della Biblioteca dell’Università di Princeton che risulta averla comperata per 785 dollari nel 1928 da A. S. W. Rosenbach, che Gingerich apostrofa come “Un personaggio pittoresco ed estremamente dinamico”.
Sono passati veramente tanti anni dal 1928, ma siamo dopotutto nel 2005, l’anno in cui l’Italia ha restituito l’obelisco di Axum. Penso che si possa veramente ben sperare di rivedere a Milano una copia della prima edizione del De revolutionibus di Copernico.
Immagini.
01-02-03-04, Rispettivamente i diagrammi del sistema tolemaico, quello copernicano, quello di Brahe e quello misto. Sono tratti da Bion, L’Usage des Globes, Paris 1710. Come dimostra l’opera di Bion, la conoscenza del cosiddetto sistema misto era diffusa e attribuita a Martianus Capella, ma nel 1710 non si conosceva il contributo di Wittich.
05, Il volume del catalogo manoscritto del fondo dei libri antichi della Braidense.
06-06b, Catalogo
manoscritto, l’indicazione delle segnature della copia scomparsa del De
revolutionibus, prima edizione del 1543. 06b
è il particolare ingrandito dove si confessa il non
ritrovamento.
07 La prima pagina con il titolo del De Revolutionibus, edizione del 1566, copia emendata secondo le indicazioni del monito della Congregazione dell’Indice, pagina a fronte: le segnature.
08-08b, Pagina 7, primo esempio di pagina emendata e pagina integra dalle due diverse copie della seconda edizione in possesso della Braidense
09-10, secondo esempio di pagina emendata e della rispettiva pagina della copia integra
12 La prima pagina di Ad lectorem, l’introduzione di Osiander inserita senza firma all’insaputa di Copernico
13, L’incipit della Narratio
di Rheticus, ripubblicata alla fine della seconda edizione del De
revolutionibus
14- Diagramma del sistema copernicano come appare nel De revolutionibus
di FELICE STOPPA
GENNAIO 2017