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La creazione del cielo a Palazzo Besta, Teglio circa 1550 |
La creazione del cielo a Palazzo Besta
Palazzo Besta è uno
degli edifici storici che arricchiscono l’abitato di Teglio, comune
della Valtellina il cui
vasto territorio si estende su
ampi, lavorati e soleggiati terrazzamenti che si alzano a gradoni dalla
valle, lungo il medio percorso del fiume Adda, fino a lambire le ricche
foreste della costa sud delle Alpi Retiche. Dalla Torre medievale
di Teglio, situata al culmine
di un poggio roccioso ai margini del paese,
a Situato
in posizione strategica lungo
un percorso che unisce la Valle Padana alla Svizzera e al centro dell’
Europa, il paese è stato da sempre testimone di importanti avvenimenti
storici, l’eco dei quali si
manifesta sul territorio con la presenza di
edifici, palazzi, chiese, fortificazioni, costruzioni tutte
caratterizzate da un intrinseco, elevato valore artistico.
Museo archeologico di Palazzo Besta, la stele della Dea Madre
Sul
territorio si raccolgono anche testimonianze della presenza dell’uomo in
epoca preistorica. La famosa stele della Dea
Madre, simbolo dell’arte dell’incisione rupestre del terzo
millennio avanti Cristo e
dell’antico gemellaggio della Valtellina con la Civiltà Camuna della
vicina Valcamonica, ora esposta nel piccolo ma suggestivo museo
archeologico di Palazzo Besta, è stata ritrovata negli anni quaranta in
una vigna di Teglio, in località Caven. Tutt’oggi è facile scoprire
incisioni rupestri su gran parte del territorio comunale, basti ricordare
quelle interessantissime nei pressi della chiesa di località Sommasassa,
che secondo la tradizione popolare rappresentano i limiti dei livelli
storici dei ghiacciai perenni delle vicine Orobie, oppure quelle
diffusissime e in gran parte inedite in località Doss de la Furca, nome
che evoca fosche pratiche medievali, rappresentate
da numerosi gruppi di coppelle votive
e forse profili di animali. Sin dalla preistoria
Teglio è stato testimone del passaggio di vita e cultura, di questo
passaggio rimangono preziosi documenti materiali e artistici; quelli
preistorici sono rappresentati da incisioni rupestri, quelli medievali e
rinascimentali trovano invece la loro massima espressione
nell’architettura e negli affreschi di Palazzo Besta . L’edificio vede le
sue origini come palazzo fortificato nella prima metà del quattrocento,
ma è nel secolo successivo che su
commissione del suo proprietario Azzo II Besta è completamente
ridisegnato assumendo quelle caratteristiche
di dimora rinascimentale che
ancora oggi lo contraddistinguono. La struttura è di pianta quadrata,
articolato su tre piani che coronano un importante cortile centrale, cuore
della casa, sul quale si affacciano quasi tutti i locali. Quelli al piano
terra e al primo piano
sono separati dal cortile interno da due loggiati perimetrali,
ornati simmetricamente da colonne ed archi che nell’insieme donano alle
facciate interne leggerezza e disponibilità di luce. Lo sconosciuto
architetto, autore del progetto del palazzo, doveva probabilmente aver
conosciuto gli scritti di Vitruvio e il De re aedificatoria di
Alberti, forse anche l’opera del Filerete, dal lavoro del quale fa
proprio il metodo del ridimensionamento
ad quadratum.
Palazzo Besta, le pareti affrescate del cortile interno Affreschi singoli e
cicli di affreschi ornano le pareti dell’edificio, in particolare quelle
delle pareti del cortile interno dove viene raccontata la storia di Enea
ma anche quelle dei locali del primo piano, il più importante, perché
adibito a dimora del signore e della sua famiglia, affrescato in ogni
vano. I due affreschi che
rappresentano gli emisferi stellati boreale e australe sono collocati
sulla volta della cosiddetta Sala della Creazione, posta al primo piano
del palazzo, le cui pareti e l’intero soffitto sono completamente
ricoperti da immagini ispirate al libro biblico della Genesi.
Palazzo Besta, particolare del soffitto della Sala della Creazione
Emisfero Boreale ed Eclittica con sovrapposte le costellazioni zodiacali
Emisfero Australe e il circolo polare antartico Non conosciamo ancora
l’autore di questi affreschi ma confortati da evidenti richiami ai
contenuti di altre opere celesti del cinquecento, in particolare Dürer
e Appiano, sembra ragionevole farli risalire a circa la metà del
sedicesimo secolo, periodo che collima sia con la ristrutturazione del
palazzo, sia con la produzione di altre opere presenti nello stesso. I due planisferi
riproducono il cielo stellato in proiezione polare stereografica, i poli
di riferimento sono quelli eclittici e il cerchio della proiezione celeste
del tragitto annuale del Sole, l’eclittica, fa da perimetro alle due
mappe. Sul bordo esterno
dell’eclittica, molto più evidente nel planisfero australe, è
disegnata una scala graduata che permette di calcolare la longitudine
delle stelle con la scansione di cinque gradi; ogni sessanta gradi sono
tracciate invece delle linee di longitudine che convergono tutte verso il
rispettivo polo. In entrambi i planisferi sono riportati con precisione i
relativi circoli polari. Disegnate di spalle in proiezione convessa,
quindi come se fossero viste sulla superficie esterna di una sfera,
troviamo le quarantotto costellazioni tolemaiche e almeno altre
otto nuove interessantissime configurazioni. I modelli di
riferimento del nostro sconosciuto Autore sono senz’altro
le due tavole del Dürer,
Imagines coeli Septentrionales cum duodecim imaginibus zodiaci et Imagines
coeli Meridionales, incise a Norimberga nel 1515: Tuttavia come vedremo, non possiamo ignorare
l’Astronomicum Caesareum pubblicato
nel Da quest’ultima opera è preso il posizionamento delle stelle rispetto
al sottostante reticolo polare eclittico di riferimento che permette di
risalire, per entrambi i planisferi, utilizzando il fenomeno della
precessione degli equinozi, ad una data calcolabile tra il 1440 e il 1450.
Il Manoscritto di Vienna, planisfero boreale
L’Emisfero Australe di Dürer Il Manoscritto di Vienna ispira
anche l’idea di disegnare i circoli polari, aspetto invece non presente
nel Dürer,
e l’assetto grafico complessivo dell’intera volta: l’emisfero
boreale comprende anche le costellazioni della fascia zodiacale che sono
rappresentate sopra il cerchio dell’eclittica fino a debordare
all’esterno dello stesso. I planisferi del Dürer
ispirano invece i particolari costitutivi dei personaggi mitologici delle
costellazioni, sebbene nel nostro vengano interpretati con una ben più
forte impronta naturalistica. Il planisfero meridionale, ad esclusione
delle costellazioni che vi
sono inserite ex novo dall’autore, è praticamente identico a quello
australe del Dürer.
L’anonimo artista astronomo di Palazzo Besta conosceva senz’altro l’
Astronomicum Caesareum di Apianus dal quale riprende l’idea di
aggiungere in una
costellazione autonoma Fetonte che nuota nelle acque del fiume Eridano,
con la particolarità, molto rara, di essere rappresentato completamente nudo
e in sembianze femminili.
Antinoo, portato dall’Aquila, tra le costellazioni dell’Emisfero Boreale
Orsa
Maggiore e Chioma di Berenice nella forma di un pesce
In questa posizione troviamo invece una tra le prime
interpretazioni della Chioma di Berenice che il nostro autore
dipinge, caso unico e mai ripetuto, con le sembianze di un pesce. Infine,
sopra la testa di Boote, troviamo un piccolo animaletto che ricorda le
rappresentazioni settecentesche della Lucertola, costellazione ideata da
Hevelius soltanto nel 1690 e la cui presenza nel planisfero di Palazzo
Besta, in posizione completamente errata, possiamo interpretare soltanto
come una aggiunta apocrifa successiva operata, probabilmente nel
settecento, da un altro autore anonimo durante uno dei diversi restauri
subiti dall’affresco.
Icario in Rusconi con l'animaletto che mangia l'uva.
In questo caso Bootes sarebbe da interpretare come il catasterismo di Icario, padre di Erigone, al quale, per la sua giustizia e religiosità il Padre Libero, Dioniso, rivelò il vino, la vite e l'uva ( Igino, De Astronomia, Libro II,4).
Ancora Icario, in Vopel 1536.
Boote e in posizioni errate la Lucertola o Icario e i Cani da Caccia
Nell’emisfero australe, oltre al già citato Fetonte androgino,
proprio all’interno del circolo polare antartico, cioè la zona
del cielo australe la cui vista è inaccessibile
dalle nostre latitudini e che in tutte le rappresentazioni celesti fino
allora prodotte risultava completamente deserta, troviamo disegnata la
Croce del Sud, con le sue cinque stelle principali in posizione reciproca
esatta, accompagnata da una interpretazione naturalistica delle due Nubi
di Magellano.
Circolo polare antartico, Croce del Sud, Nubi di Magellano e Fetonte androgino Crux, come anche Coma Berenices, non sono
costellazioni autonome descritte da Tolomeo ed è difficile poter
identificare con precisione autori e opere dove vengano
denominate scientificamente per la prima volta. Appartengono anche
alla tradizione letteraria e a quella pittorica, la prima è già
descritta da Dante nella sua Commedia, appare infatti in diversi affreschi
medievali e rinascimentali, molto spesso in posizioni completamente
diverse da quella attuale. In una mappa americana settecentesca, incisa da
Robert Scott, è riprodotta addirittura due volte, sia tra le zampe del
Centauro, come deve essere, con il nome di The Crosiers, sia in quelle del
Sagittario con il nome di Crosern. Possiamo risolvere il nodo genealogico di
queste due costellazioni rimettendoci all’autorità di Lalande che nella
sua monumentale opera Astronomie,
Troisieme édition,
1792, inserisce Crux tra le costellazioni formate “par les modernes”, dividendone
la paternità tra Halley e le carte celesti pubblicate da Royer nel 1679 e
allegate ad un nuovo catalogo di 1806 stelle, mentre inserisce Coma
Berenices
Robert Scott, due Croci del Sud: Crosern e The Crosiers nell’elenco delle costellazioni boreali
antiche, precisando che Tolomeo vi fa riferimento mentre descrive tre
stelle del Leone , la più boreale delle quali si trova immersa in un
insieme nebuloso chiamato chevelure, cioè Coma. Nell’Epitome Coronelli cita una versione diversa in merito a questa costellazione dandone la paternità a Conone il matematico.
Rimanendo
in ambito classico, tralasciando però la tradizione tolemaica, possiamo
trovare elencata la costellazione in Eratostene nella cui opera I
Catasterismi, risalente al secondo secolo a. C., ci viene
offerto un elenco delle costellazioni molto diverso da quello di Tolomeo.
Di Eratostene possiamo consultare l'edizione lasciataci da Friedrich
Christian Matthiae
segue la pagina principale dei Catasterismi di Eratostene
Coma Berenices, appare per la prima volta in un atlante importante soltanto nel 1603, nell’Uranometria del Bayer dove è però disegnata, seguendo la tradizione araba, come un mazzo di grano, la possiamo invece trovare sotto forma di chioma in un globo di Mercatore del 1551. In Vopel 1536 e in altri autori dei decenni successivi la troviamo disegnata in diverse forme: Coma Berenices E’ invece molto evidente la fonte che ha
ispirato il nostro autore nel disegnare la Croce del Sud e le due Nubi di
Magellano in posizione però errata all’interno del circolo polare
antartico: si tratta della lettera di un navigatore italiano, Andrea
Corsali, che percorse tra il 1515 e il 1517, per conto di Manuel I del
Portogallo, le rotte tra le Indie Orientali e la Cina. La lettera di
Andrea Corsali allo Illustrissimo Signore Duca Iuliano de Medici,
Venuta Dellindia del Mese di Octobre Nel M.D.XVI. venne pubblicata
una prima volta a Firenze nel dicembre 1516, ristampata da
G. B. Ramusio a Venezia nel 1550 nel suo Navigationi et Viaggi e
una terza volta in inglese a Londra nel 1555 da Richard Eden in The
Decades of the Newe World or West India. http://www.atlascoelestis.com/Corsali%201517.htm http://www.atlascoelestis.com/Corsali%20saggio%201517.htm http://www.atlascoelestis.com/Corsali%20manoscritto%201517.htm http://www.atlascoelestis.com/Alvares%201558%20base.htm
La Croce del Sud e le due Nubi di Magellano: Le novità osservate e disegnate da Corsali, a sinistra, sono magistralmente riproposte a Palazzo Besta, a destra.
L’immagine sopra riprodotta affiancata a quella di Palazzo Besta è tratta invece da una copia manoscritta della lettera realizzata però nel 1517 e ora appartenente al fondo della National Library of Australia. E’ evidente data la sorprendente somiglianza tra le due realizzazioni che l’anonimo artista di Palazzo Besta doveva avere senz’altro consultato almeno una delle quattro opere riportanti le osservazioni di Corsali. Recentemente
ho potuto studiare i planisferi dell'architetto Giovanni Antonio Rusconi
operante a Venezia nella metà del cinquecento. Dall'esame del suo lavoro
è possibile congetturare che abbia potuto partecipare ai lavori di
restauro del palazzo Besta.
Confronta i planisferi con le costellazioni di Rusconi in Della architettura di Gio. Antonio Rusconi, con centossanta figure dissegnate dal medesimo, secondo i precetti di Vitruvio, Venezia, 1590
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https://www.youtube.com/watch?v=SbmqAlmRde8&ab_channel=AtlasCoelestis
Emisferi
Zodiaco
Costellazioni Boreali
Costellazioni Australi
Confronta gli affreschi di Palazzo Besta con
Manoscritto di Vienna (1440 circa)
Planisferi di Conrad Heinfogel (?) Die Karte des Nördlichen Sternenhimmels, Inv.-Nr. Hz 5576
Die Karte des Südlichen Sternenhimmels, Inv.-Nr. Hz 5577
Petrus Apianus Astronomicum Caesareum, Ingolstadt 1540
Copia della "Lettera di Andrea Corsali allo illustrissimo Principe Duca Juliano de Medici, venuta Dellindia del mese di Octobre nel XDXVI"
e con i
Leggi https://www.astronomie-nuernberg.de/index.php?category=duerer&page=teglio-1565 in
https://www.astronomie-nuernberg.de/index.php?category=duerer&page=1515 https://www.astronomie-nuernberg.de/index.php?category=duerer&page=nachfolger
Sopra l'origine delle costellazioni australi leggi il seguente articolo di
Il Sagittario nella fascia dello zodiaco sovrapposta alle costellazioni dell’Emisfero Boreale
Le Tavole de " La creazione del cielo a Palazzo Besta" sono pubblicate su concessione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con il divieto di ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.
Il testo de La creazione del Cielo è stato ripreso da
ASTRONOMIA Anno XXXV • La rivista dell’Unione Astrofili Italiani n.4 luglio-agosto 2010
di FELICE STOPPA AGGIORNAMENTO SETTEMBRE 2013
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